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I misteri della reading room

I dettagli sulle modalità con le quali la Commissione Europea sta negoziando l’accordo di libero scambio con gli USA (TTIP, Transatlantic trade and investments Partenership) hanno dell’incredibile in democrazia.

La Ministra per lo Sviluppo economico Federica Guidi ha spiegato al Parlamento durante il question time dello scorso 30 aprile che «la tradizionale attenzione che il Governo italiano ha da sempre dato alla trasparenza nella condotta dei negoziati da parte della Commissione nel caso del Ttip necessita comunque di essere coniugata con l’esigenza di riservatezza, dato che trattiamo di documentazione non disponibile per l’Italia», tradotto, che nessun governo ha ancora potuto visionare i termini della bozza d’accordo che si orrebbe concludere entro il 2014 con il voto del Parlamento europeo.

Anzi, aggiunge Guidi, «la documentazione negoziale del Ttip è, allo stato, una documentazione riservata in ragione della classificazione imposta non da noi ma dalla Commissione europea, per tutelare gli interessi della UE nel negoziato. Al momento neppure gli Stati membri hanno accesso a tutta la documentazione inerente il Ttip e si sta valutando l’ipotesi di una specifica reading room a Bruxelles, che consenta la sola lettura di tali testi». Le reading room sono un caposaldo dello spionaggio dei vecchi tempi, luoghi ultra controllati nei quali si entra spogliato da qualsiasi apparecchiatura elettronica, ma anche della semplice carta-matita, per visionare qualcosa che si può solo memorizzare.

Corre voce che questa lettura della bozza potrebbe avvenire nei locali dell’Ambasciata USA a Bruxelles perché i servizi di quei paese possano controllare che nulla trapeli. Una situazione inedita che rasenta l’incredibile. Un negoziato che mette in discussione passaggi fondamentali della volontà dei cittadini europei negli ultimi anni, come la legislazione sugli OGM o il concetto di bene pubblico applicato all’acqua per via referendaria in Italia, e i paesi membri dovrebbero recarsi sotto il controllo delle agenzie statunitensi indiziate in questi mesi di avere “ascoltato” e “letto” la posta e le telefonate dei singoli cittadini europei e addirittura dei leader politici.

Mentre il Ministro Guidi ha affermato che ci saranno vantaggi per l’Italia dell’entrata in vigore dell’accordo, anche se nemmeno lei conosce i termini della bozza, trapelano notizie che fanno capire come la bilancia degli interessi si stia pericolosamente, e in modo scontato, caricando dal lato statunitense. Secondo uno studio dell’ICE, soccomberebbero i settori del legname, la carta e poi la chimica farmaceutica e di consumo, la più penalizzata con 30 milioni di euro di perdite previste. Altri 10 milioni si perderebbero tra prodotti intermedi chimici, altri intermedi e agricoltura, e molte piccole e medie aziende potrebbero non sopravvivere allo choc. Altre brute notizie, se confermate, arrivano dal settore agroalimentare, nel quale una rappresentanza di produttori americani (Consorzio dei nomi comuni) si sta battendo per poter inserire nel TTIP, con gradi possibilità di successo, una clausola che consenta loro di continuare a chiamare i propri prodotti-copie con nomi abbastanza importanti per il made in Italy come Asiago, Mortadella Bologna, Gorgonzola, Grana, Fontina, Parmesan e Romano,legittimando nei fatti nel mercato globale l’italian sounding senza che i nostri produttori possano più fare nulla per combatterli.

Le caratteristiche poco trasparente del negoziato e la delicatezza della posta in gioco pongono in cima alle nostre preoccupazioni le conseguenze che questo sodalizio con gli Stati Uniti potrebbero produrre sulle nostre piccole e medie imprese e su interi comparti come quello dell’agroalimentare di qualità. Per questo motivo, chiedere trasparenza e contrastare il TTIP è tra le priorità per la nostra Lista, perché questa modalità di gestire la cosa pubblica, al buio, senza legittimità democratica e senza trasparenza finisca una volta per tutte. 


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